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Il Decreto “Rilancio”

Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (G.U. n. 128 del 19 maggio 2020, S.O. n. 21)

1.    Dal 1° luglio ecobonus e sismabonus al 110%. Progetti e permessi al via

L’articolo 119 prevede come condizione il miglioramento di due classi energetiche Ape

Via dal 1° luglio al superbonus al 110% per gli interventi di riqualificazione energetica e di adeguamento antisismico. Con la firma del Capo dello Stato l’agevolazione record nella storia fiscale italiana è legge, all’articolo 119 del Dl rilancio, e può partire. Il termine del 1° luglio vale per la fatturazione delle spese sostenute: questi quaranta giorni potranno essere impiegati per la progettazione degli interventi, la scelta dei fornitori, le approvazioni nelle assemblee di condominio. La norma messa a punto dal sottosegretario a Palazzo Chigi, Riccardo Fraccaro, quindici giorni fa non ha subito cambiamenti troppo importanti e l’intervento mantiene le linee fondamentali individuate fin dall’inizio. Val la pena di ricapitolarle.

L’intervento agevolato spetta ai condomini, ma anche alle singole unità immobiliari nei condomini e, con alcuni limiti, per gli edifici unifamiliari (solo se adibiti a prima casa). I condomini sono comunque i destinatari principali dell’agevolazione, tanto è che i limiti di spesa sono molto alti.

Per far scattare la detrazione al 110% è necessario che sia realizzato almeno uno dei tre interventi trainanti individuati dall’articolo 119: a) l’isolamento termico su almeno il 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio (il cosiddetto cappotto termico); b) l’installazione di caldaie a pompe di calore o a condensazione (basso consumo); c) la realizzazione di lavori di adeguamento antisismico. Questi interventi sono “trainanti”: uno solo di questi basta a portare al 110% lo sgravio in cui possono entrare altri interventi: a) il montaggio di pannelli solari; b) il montaggio di accumulatori di energia collegati ai pannelli solari; c) gli interventi previsti dal vecchio ecobonus (art. 14 del Dl 63/2003); d) la realizzazione delle colonnine per caricare le batterie delle auto elettriche. Tutti questi interventi accedono anche al beneficio del 110% se realizzati con uno di quelli trainanti.

L’altro pilastro del superbonus è la possibilità generalizzata di cedere la detrazione di imposta a una banca, a una assicurazione o a un altro intermediario finanziario oppure di scontare subito lo sgravio fiscale nella fattura dei fornitori che a loro volta saranno liberi di cederlo a una banca o ad altri soggetti. La cedibilità del credito con il fisco e il beneficio al 110% producono un risultato straordinario: la possibilità di realizzare i lavori a carico dello Stato, senza pagare nulla, senza anticipazione di neanche un euro. L’eccedenza di sconto fiscale del 10% oltre alla spesa sostenuta consente infatti di ripagare fornitori e banche che anticipano le somme per realizzare i lavori o installare gli impianti.

Per chi realizza i lavori antisismici c’è la possibilità di acquistare una polizza anticalamità con detrazione al 90%.

I tetti di spesa nel caso dei condomini sono pari a 60mila euro moltiplicato il numero di unità abitative per l’isolamento termico e di 30mila euro per il numero delle unità immobiliari per le caldaie. Per i due interventi, nel caso di un condominio medio di 50 abitazioni il tetto di spesa è di 4,5 milioni. La condizione più impegnativa per l’intervento energetico è che deve produrre un miglioramento di due classi energetiche Ape (una se due non è possibile).

2.    Scatta il superbonus al 110% con stangate per i falsi attestati

Ristrutturazioni. La versione finale del decreto conferma il maxi ecoincentivo ma punisce anche con sanzioni pecuniarie da 2mila a 15mila euro le dichiarazioni che risultano infedeli

I soggetti che rilasceranno attestazioni e asseverazioni infedeli per ecobonus e sismabonus potenziati al 110% rischieranno una sanzione pecuniaria da un minimo di 2mila euro fino a un massimo di 15mila euro per ogni attestazione o asseverazione infedele rilasciata ai cittadini che avviino i lavori di efficientamento energetico e di messa in sicurezza degli edifici. È quanto si legge nello schema del decreto Rilancio, approvato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri e inviato alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Come anticipato sul Sole24Ore domenica scorsa lo sconto fiscale per lavori ammessi all’ecobonus e al sismabonus sarà riconosciuto anche per gli interventi effettuati sulle “seconde case”, a patto però che non siano villette unifamiliari. Al comma 11 dell’articolo 122 dello schema di decreto viene infatti precisato che la maxi agevolazione fiscale non si applica agli interventi effettuati da «persone fisiche, al di fuori dell’attività di impresa, arti e professioni, su edifici unifamiliari diversi da quello adibito ad abitazione principale». D’altronde il propellente fiscale utilizzato per rilanciare l’intero settore dell’edilizia privata nasce con l’intenzione dichiarata di voler sostenere i lavori di efficientamento e di sicurezza dei condomini a cui, una volta deliberati dall’assemblea, il singolo condomino potrà legare eventuali interventi mirati per la sua abitazione, prima o seconda casa che sia.

Tra le altre novità dell’ultima ora inserite nel testo c’è anche quella secondo cui la polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle attestazioni o asseverazioni che i professionisti dovranno stipulare, non dovrà essere inferiore a 500mila euro. E questo per garantire, sempre secondo quanto prevede la norma, ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata. A verificare sulla veridicità delle informazioni e dei dati attestati e asseverati dai professionisti incaricati sarà comunque il ministero dello Sviluppo economico. E in caso di false attestazione disporrà l’immediata decadenza dai benefici fiscali.

Per il resto il testo, giunto all’ultimo miglio prima della sua entrata in vigore, conferma i cardini della misura. Il bonus fiscale del 110% sarà riconosciuto per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, da ripartire tra gli aventi diritto in 5 quote annuali di pari importo. Le spese ammesse sono quelle per gli interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie, il cosiddetto “cappotto termico” per intenderci. La detrazione Irpef, che potrà essere ceduta e trasformata in credito di imposta, è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 60.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Ci sono poi gli interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento o anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici.

Lo sconto fiscale, in questo caso, è calcolato su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 30mila euro anche questo moltiplicato per il numero delle unità immobiliari. Per la messa in sicurezza degli edifici dal pericolo sismico la norma prevede che in caso di cessione del bonus del 110% a una compagnia di assicurazione con la stipula di una polizza che copra il rischio da eventi calamitosi, la detrazione oggi prevista al 19% sale fino al 90% del costo dell’assicurazione sottoscritta.

3.    Con la cassa integrazione in scadenza, parte la corsa a sussidi e assegni sociali

Dal reddito di emergenza alle indennità per colf e badanti fino ai 600 euro per autonomi e liberi professionisti: ecco tutti i sostegni alternativi e quando sono tra loro compatibili.

Tetto di 14 settimane per la cassa integrazione legata all’emergenza Covid-19, da sfruttare entro il 31 agosto. Lo dispone il Dl Rilancio varato dal Governo, salvo poi prevedere un’altra possibile finestra di quattro settimane aggiuntive di ammortizzatori sociali accessibili da settembre. In pratica, però, per coloro che hanno smesso di lavorare dal 1° marzo, restano solo tre settimane di ammortizzatori “Covid” da fruire fino ad agosto. Un countdown che rischia di mettere in difficoltà alcune aziende nel riuscire a riconoscere le retribuzioni di giugno, luglio e agosto, spingendo lavoratori e famiglie a cercare altre forme di sostegno al reddito, anche tra quelle messe in campo dal Governo con il decreto Rilancio.

Il blocco dei licenziamenti economici resta confermato fino al 17 agosto, ma alcuni comparti non potranno riaprire a pieno regime. Altri dovranno rimodulare i livelli produttivi, non potendo garantire l’attività per tutta la forza lavoro presente dai tempi pre-Covid. «È evidente che si rischia una situazione di stallo – nota Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro – causata dalla mancanza di continuità nel prolungamento delle misure di sostegno al reddito. L’auspicio è che si adottino prima possibile le misure previste dal decreto Rilancio, e che queste si rivelino efficaci nel sostenere le aziende. Al momento non possiamo escludere, esaurita la fruizione di ogni altra misura, la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali “ordinari”».

I possibili incroci tra un sussidio e l’altro
Il Dl Rilancio destina ben 25,6 miliardi al lavoro: per rifinanziare gli ammortizzatori (prenotati finora per una platea di oltre sette milioni di lavoratori), per far proseguire gli aiuti agli autonomi e per introdurre il reddito di emergenza (Rem), una nuova misura a favore di chi non ha altri aiuti (alla quale è destinato un miliardo). In generale, l’impianto del Dl prevede che i vari bonus siano destinati a platee diverse di beneficiari. Ma in alcuni casi la somma è possibile: è il caso dell’assegno da 600 euro per alcune categorie di autonomi, che può essere richiesto anche chi già percepisce il reddito di cittadinanza e va a integrarlo, se non raggiunge l’importo del nuovo bonus.

Il reddito di emergenza, che può essere chiesto entro giugno per due mesi e va da 400 a 800 euro in base all’ampiezza del nucleo familiare, è incompatibile con i bonus da 600 euro e con il reddito di cittadinanza, ma si può chiedere con l’assegno ordinario di invalidità.

Chi ha figli, allo scadere della cassa integrazione potrà accedere al congedo parentale retribuito al 50%, sempre che l’altro genitore non sia disoccupato o percepisca altre forme di sostegno al reddito. In alternativa, si può fruire del bonus da 1.200 euro per pagare servizi educativi o babysitter entro il 31 luglio. Quest’ultimo, però, è incompatibile con il bonus nido.

Il lavoro domestico, poi, è sostenuto anche direttamente con l’indennità per colf e badanti che spetta per due mensilità a chi aveva un rapporto di lavoro in corso con una famiglia al 23 febbraio, purché superiore a dieci ore settimanali e non da conviventi. Si tratta, in pratica, di mille euro disponibili – fino a esaurimento – per il personale domestico in regola, sia per chi è rimasto a casa in questi mesi, sia per chi ha lavorato ed è stato retribuito regolarmente.

Nel labirinto dei 600 euro
Proseguiranno in buona parte per tutto il mese in corso gli assegni da 600 euro per gli autonomi, che arriveranno quindi retroattivamente a coprire marzo, aprile e maggio. Seguendo però requisiti diversi da una categoria all’altra. A grandi linee i 600 euro sono il bonus di riferimento per artigiani, commercianti, liberi professionisti (ordinistici e non), lavoratori stagionali, dello spettacolo e operai agricoli. Ma mentre sostanzialmente i 600 euro andranno a tutti senza differenze per marzo e aprile (tra l’altro senza dover ripresentare le domanda, se è l’Inps a erogare l’assegno) le strade si diversificano a maggio. In sintesi, fuori artigiani e commercianti, mentre per i liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps il bonus arriva a mille euro, ma solo se si autocertifica un calo del reddito a marzo-aprile 2020 di un terzo rispetto allo stesso periodo del 2019. Confermato a 600 euro anche per maggio, invece, ma con modalità di accesso da definire, il bonus per i professionisti ordinistici iscritti alle Casse private.

Il quadro è complesso. Forse anche per questo il Governo ha concesso un ripescaggio dell’ultim’ora per i 600 euro: 15 giorni dall’entrata in vigore del Dl Rilancio ai più “distratti” per ripresentare le domande relative a marzo. Che in automatico si porteranno dietro il bonus per aprile (e per i più fortunati anche per maggio).

4.    Fondo perduto, aiuti leggeri per le imprese più giovani

Le aziende nate nel 2019 non sono tenute a provare la differenza di fatturato.
Chi non la dimostra non può calcolare il contributo in percentuale sul calo

Il contributo a fondo perduto per imprese e lavoratori autonomi ha creato molte aspettative, ma per applicarlo sarà necessario vagliare alcuni dati passando continuamente dal settore Iva a quello delle imposte dirette.

I soggetti interessati sono di tre tipologie: imprese commerciali, agricole e lavoratori autonomi, a condizione che siano titolari di partita Iva (precisazione rilevante solo per i lavoratori autonomi, visto che negli altri due casi la titolarità di partita Iva è un pre-requisito).

Tra questi ve ne sono alcuni che, per esplicita previsione normativa, non hanno diritto al contributo: i soggetti cessati al 31 marzo 2020 (quindi, per esempio, un’impresa che abbia cessato l’attività ad aprile 2020, prima dell’entrata in vigore del decreto Rilancio, ha comunque diritto al contributo), gli enti pubblici, gli intermediari finanziari e coloro che hanno diritto alle indennità, come i lavoratori dello spettacolo e i professionisti con o senza un’autonoma cassa di previdenza.

Va inoltre verificato il limite massimo di ricavi o compensi prodotti nel 2019, il cui ammontare non può superare i 5 milioni di euro (per i titolari di reddito agrario il perimetro normativo è l’articolo 32 del Tuir).

Il nodo dei beneficiari
Qui cominciano a emergere alcune criticità. I soggetti che potenzialmente avrebbero diritto alle indennità previste dagli articoli 28,38 e 44 del Dl 18/20, se sono stati esclusi da questi bonus perché non hanno i requisiti richiesti dalle norme, dovrebbero poter accedere al contributo a fondo perduto. Pensiamo a un professionista privo di cassa di previdenza, che sia titolare di un trattamento pensionistico; oppure a un professionista con cassa di previdenza autonoma, che però abbia avuto nel 2018 un reddito superiore a 50mila euro: in entrambi i casi, a fronte della riduzione del fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020, il contributo dovrebbe spettare.

Elemento fondamentale da verificare è la riduzione di fatturato o di corrispettivi tra il mese di aprile 2019 e il mese di aprile 2020, che dev’essere almeno di un terzo. Il confronto fa riferimento all’accezione Iva (fatturato) e non alle imposte sui redditi, con specifico richiamo alla data di effettuazione delle operazioni di cui all’articolo 6 del Dpr 633/72.

Il calcolo dei contributi
Il dato della differenza di fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020 è fondamentale anche per calcolare concretamente il contributo. Infatti, sulla differenza si applica l’aliquota del 20%, 15% o 10%, a seconda che l’ammontare dei ricavi o compensi del periodo 2019 (e qui si torna a un’accezione da imposte dirette) non abbia rispettivamente superato quota 400mila, 1 milione o 5 milioni euro.

Sul punto emerge un’ulteriore criticità, se si pensa al caso delle imprese costituite dopo il 1° gennaio 2019 e a quelle che hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di Comuni colpiti dai eventi calamitosi, i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza per Covid-19.

Per queste imprese, per cui non rileva la riduzione di fatturato, come si esegue il calcolo? Pensiamo a una società costituita a novembre 2019, che non presenta alcun dato per il mese di aprile 2019: in tal caso, l’unica soluzione praticabile sembra essere quella di applicare la misura minima di mille euro per le persone fisiche e 2mila per gli altri soggetti.

Gestione contabile e fiscale
Dal punto di vista contabile e reddituale, il contributo va classificato tra quelli in conto esercizio (al riguardo il principio contabile Oic 12 cita espressamente i contributi spettanti in relazione a fatti eccezionali, quali calamità eccetera); e va allocato alla voce A5 del conto economico, rispettando il principio di competenza.

Dal punto di vista fiscale, i contributi si considerano ricavi ex articolo 85, comma 1, lettera h), del Tuir, che tuttavia non partecipano alla formazione dell’imponibile reddituale, né del valore della produzione, come stabilisce l’articolo 28, comma 7, del decreto Rilancio. Ciò comporta, per le società di capitali, che essi saranno esclusi dal calcolo del Rol.

5.    Più tempo per cedere partecipazioni e aree

Rivalutazione di quote e terreni estesa ai beni posseduti al 1° luglio 2020.
Asseverazione della perizia e pagamento dell’imposta entro il 30 settembre

Offrire una nuova opportunità, mentre è ancora in corso quella precedente. È ciò che fa il decreto Rilancio in riferimento alla possibilità di affrancare il valore dei terreni e delle partecipazioni (non qualificate) non detenute in regime d’impresa.

L’opzione, originariamente disciplinata dagli articoli 5 e 7 della legge 448/2001, è stata nuovamente riproposta dall’articolo 1, commi 693 e 694, della legge 160/2019. E, attualmente, consente ai soggetti che possedevano, al 1° gennaio 2020, le partecipazioni o le aree (persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali) di ottenere, con il versamento di un’imposta sostitutiva entro il 30 giugno prossimo, la “liberazione” (dall’imposta sui redditi gravante sull’eventuale plusvalenza) del valore riportato da una perizia redatta da soggetti qualificati entro la stessa data.

Il decreto Rilancio ripropone la medesima facoltà, ma in riferimento ai beni posseduti al 1° luglio 2020, con asseverazione della perizia e versamento dell’imposta sostitutiva (sempre con aliquota indifferenziata all’11%) da effettuare entro il prossimo 30 settembre.

Motivi e tempistiche
Il pensiero del legislatore è abbastanza comprensibile: il mondo “post Covid” è diverso da quello precedente alla pandemia, e non è affatto detto che operazioni non prese in considerazione nei mesi scorsi (o rinviate ad anni successivi) non siano tornate oggi di attualità.

Potrebbe essere diventato più urgente, ad esempio, cedere un terreno o una partecipazione “non strategica” per procurarsi la liquidità necessaria alla propria impresa. O potrebbero essersi accelerati alcuni processi per il passaggio generazionale o l’ingresso di nuovi soci. Le difficoltà incontrate da alcuni settori in questi mesi, inoltre, potrebbero aver ridotto il corrispettivo richiesto per la cessione di un pacchetto azionario, o aver compresso ulteriormente i valori di mercato per le aree edificabili.

Diventa allora importante poter fare le cose con calma e non dover per forza perfezionare il tutto entro il 30 giugno, premesso che chi ha già trovato l’accordo per la cessione è meglio che sfrutti l’opportunità fin da subito.

Spesso la tempistica è dettata anche dalla combinazione tra scadenze di pagamento dell’imposta sostitutiva e termini di incasso del controvalore del bene ceduto. Sotto questo aspetto – pur ricordando che l’imposta sostitutiva può essere versata in tre rate annuali – occorre fare due osservazioni. La prima è che la rateizzazione sconta un interesse piuttosto salato del 3% annuo, residuo del passato. La seconda è che il 30 settembre non è una data azzeccata, poiché molti contribuenti avranno da poco assolto tutti i versamenti sospesi dai decreti “cura Italia” e Liquidità, traghettati in scadenza al 16 settembre dallo stesso Dl Rilancio.

Le successive cessioni
Un tema sempre di attualità, nell’affrancamento di valore delle partecipazioni, è l’attenzione che l’agenzia delle Entrate mostra verso le successive cessioni, analizzate sotto il profilo dell’abuso di diritto, spesso individuato nell’arbitraggio tra il (legittimo) vantaggio fiscale dell’imposta sostitutiva e il (secondo l’Agenzia: indebito) vantaggio riguardante la tassazione dei dividendi.

Da questo punto di vista, può giovare la recente ordinanza 7359/ 2020 della Corte di cassazione, in cui è stata esclusa la natura elusiva di un insieme di operazioni riorganizzative (anche infragruppo) poste in sequenza, al termine delle quali un socio di minoranza aveva provveduto a cedere la propria quota non qualificata nel frattempo affrancata.

Per le aree, invece, una nuova perizia aggiornata può consentire di riallineare la valutazione al ridotto valore di mercato, anche se per la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 2321/2020) non vi è alcun obbligo di cedere a un valore almeno pari a quello di perizia.

6.    Affitti commerciali, nuovo tax credit trasferibile e ammesso per attività miste

Sanato il problema degli esercizi «necessari» che erano rimasti aperti a marzo

Bonus locazioni commerciali più equilibrato dopo il Dl Rilancio. La nuova norma riscrive le regole del credito d’imposta previsto per l’uso di immobili “non abitativi”, rivedendo molti aspetti con una logica più razionale rispetto all’articolo 65 del Dl 18/2020 “cura Italia”. L’applicazione delle nuove regole anche allo scorso mese di marzo consentirà a molti di rivalutare la propria posizione e monetizzare ex post uno sconto fiscale che potrebbe essere significativo. Inoltre, le nuove regole non pregiudicano quanto eventualmente già maturato con le regole del “cura Italia”.

Vincoli più stringenti
Il nuovo credito d’imposta riguarda in primis i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione. Per i quali viene introdotta una nuova soglia da monitorare: l’accesso al bonus è condizionato al fatto che i ricavi o compensi conseguiti nel periodo precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (cioè il 2019) non siano superiori a 5 milioni di euro. Le strutture alberghiere (definizione “non felice”), invece, possono fruire del credito a prescindere dai volumi dell’anno precedente.

Il credito è accessibile anche agli enti non commerciali, per gli immobili non abitativi destinati alle attività istituzionali. Invece il bonus disciplinato dal Dl 18/20 riguardava solo gli esercenti attività d’impresa ed era condizionato al fatto che l’attività non rientrasse tra quelle “necessarie” di cui agli allegati 1 e 2 del Dpcm dell’11 marzo scorso.

L’accesso al credito è vincolato anche al fatto che i soggetti esercenti un’attività economica (non gli enti non commerciali), nel mese di riferimento, abbiano avuto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo precedente. Per la definizione di “fatturato o corrispettivi” si rimanda ai chiarimenti della circolare 9/E/2020, in merito alla sospensione dei versamenti fiscali e previdenziali di aprile e maggio. Considerato che il credito d’imposta è riconosciuto per i mesi di marzo, aprile e maggio, la verifica andrà fatta su ciascuna mensilità. Ricordiamo che il presupposto per accedervi è che il canone sia stato corrisposto (altrimenti il bonus è “congelato” fino all’effettivo pagamento).

Regole più chiare
Il nuovo approccio risolve il problema della fruibilità del credito per marzo in presenza di attività miste: un problema che si poneva con le regole tracciate dal Dl 18/2020. Sono frequenti, infatti, i casi in cui si svolgono diverse attività negli stessi locali, rientranti o no negli allegati 1 e 2 del Dpcm dell’11 marzo. Il caso classico è il bar con l’annessa tabaccheria. Ora, in virtù delle disposizioni del Dl Rilancio, per accedere al bonus anche questi soggetti devono solo riscontrare se esiste o meno il calo dei ricavi nei limiti previsti.

Il credito spetta se l’immobile utilizzato è “non abitativo” e a prescindere dal tipo di contratto. O, meglio, la natura del contratto determina la misura del bonus spettante:

  • il credito d’imposta è pari al 60% del canone mensile nei casi di locazione immobiliare classica, leasing e concessione;
  • mentre è al 30% in presenza di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda. Gli immobili devono essere destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico, o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo. Diventa quindi irrilevante la classificazione catastale dell’immobile (C/1) prima prevista.

Un’altra novità interessante è che il credito d’imposta, oltre a poter essere speso in compensazione, può anche essere ceduto al locatore (o eventualmente al concedente) a fronte di uno sconto sul canone dovuto.

Le modalità con cui procedere saranno individuate da un provvedimento attuativo che dovrà essere emanato dal direttore dell’agenzia delle Entrate entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

7.    Ricapitalizzazione delle Pmi con certificazione ex post

Il rinvio al Dm 7 maggio 2019 impone di documentare il rispetto dei requisiti

Il decreto Rilancio contiene anche una misura di sostegno determinante per le imprese nella fase 2. La norma (articolo 29 del testo entrato in Consiglio dei ministri) è divisa in tre parti:

  • nella prima, si dispone la concessione di un beneficio fiscale ai soggetti che effettuino entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale pari o superiore ad almeno 250.000 euro;
  • nel secondo troncone, si prevede la concessione di un ulteriore beneficio in rapporto alle perdite verificatesi nel bilancio 2020 rispetto all’aumento di capitale effettuato;
  • infine, si disciplina la possibilità di emissione da parte delle società di strumenti finanziari partecipativi che saranno sottoscritti tramite il “Fondo Patrimonio Pmi”.

I benefici fiscali
L’agevolazione è riservata alle società con ricavi consolidati 2019 tra 5 e 50 milioni di euro, che abbiano registrato un calo dei ricavi consolidati di oltre il 33% nel bimestre marzo-aprile. Il bonus è ricollegabile all’incremento del capitale (da eseguire entro il 31 dicembre 2020) e consiste per le persone fisiche in una detrazione pari al 20% del versato mentre, per i soggetti Ires, il beneficio si trasforma in deduzione per un ammontare sempre pari al 20% del nuovo equity.

Rispetto a questo benefit, il legislatore effettua un rinvio alle disposizioni di cui al decreto interministeriale 7 maggio 2019 del Mef, di concerto con il Mise, sulle start up e Pmi innovative. Tale rinvio prevede l’applicabilità delle disposizioni contenute nel decreto «in quanto compatibili» con l’impianto normativo del Dl Rilancio.

Bisogna allora capire quali disposizioni si applichino al beneficio ricollegabile all’aumento di capitale.

Il rinvio al Dm del 2019
Certamente sono applicabili al caso di specie le certificazioni che la società (nel Dl le società di capitali sono anche individuate come «Emittente/i») devono redigere a fronte dei conferimenti ottenuti dai soci: l’articolo 5 del Dm, infatti, dispone che la società rilasci ai soci “una certificazione” in cui si attesti il rispetto delle disposizioni contenute nel Dl Rilancio (e in particolare negli attuali commi 1 e 2 dell’articolo 29).

La peculiarità della certificazione è che tali affermazioni debbano essere verificate al momento della conclusione dell’iter di aumento di capitale che si dovrebbe concludere con l’integrale versamento del capitale sociale sottoscritto. Rispetto a quest’ultimo, una delle questioni più rilevanti che dovranno essere risolte in sede di conversione del decreto è l’individuazione esatta della nozione di investimento come nuovo equity. Infatti, per il Dm 7 maggio 2019, i sottoscrittori hanno diritto al beneficio fiscale della deduzione/detrazione, non solo per il capitale sociale versato ma anche per l’eventuale riserva sovrapprezzo accordata (articolo 3 del decreto). Classico è il caso in cui l’aumento del capitale sociale sia riservato a soggetti estranei alla compagine sociale dove tramite il versamento della riserva sovrapprezzo si equipara, in termini di valore aziendale, la posizione del nuovo investitore con i soci esistenti al momento della delibera.

Tornando alla certificazione, il Dl Rilancio prevede che i benefici (fra i quali quello legato appunto all’aumento di capitale) non possano complessivamente superare determinate soglie che variano a seconda del settore in cui l’impresa opera. Tuttavia l’affermazione non è molto chiara in quanto si fa riferimento al paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea sulle deroghe agli aiuti di Stato temporanei, ricollegabili al Covid 19.

In tale paragrafo, si stabilisce che l’impresa possa usufruire di aiuti come quelli previsti dal Dl Rilancio a condizione che non superino determinati importi (in linea generale, si prevede che non possano essere concessi aiuti per un valore superiore agli 800mila euro). Questa cifra/soglia deve essere determinata tenendo conto anche dei benefici usufruibili non solo dall’emittente ma tenendo conto anche delle ricadute sui soci. In questo caso, quindi, sarà la stessa impresa a dover richiedere ai propri soci un’attestazione in cui l’investitore dichiari l’ammontare del beneficio di cui ha usufruito sulla base della prima certificazione rilasciata dalla società stessa.

Riassumendo, quindi, al fine di usufruire di tutte le agevolazioni descritte finora sarà necessario che dapprima l’impresa rilasci il primo documento ai soggetti beneficiari; poi quest’ultimi dovranno a loro volta comunicare l’importo del beneficio di cui hanno effettivamente usufruito. Sarà, quindi, la società “Emittente” che dovrà ricalcolare – nelle soglie previste dal decreto Rilancio – i benefici, modificando eventualmente la propria agevolazione per non superare il tetto imposto. Infine, resta da chiarire se questo regime sia alternativo o complementare a quanto da un’altra norma (l’articolo 57 del testo entrato in Cdm) per i soggetti che apportano equity.

8.    Per la cassa altre nove settimane suddivise in due tranche

Ammortizzatori. Proroga di cinque settimane solo terminando le 9 settimane autorizzate dal 23 febbraio al 31 agosto. Possibile nuova richiesta di un mese dal 1° settembre al 31 ottobre.

I datori di lavoro possono utilizzare la cassa integrazione per l’emergenza Covid-19 per una durata massima di nove settimane per il periodo dal 23 febbraio al 31 agosto 2020, ma solo dopo aver esaurito tutto il periodo concesso, potranno ottenere ulteriori cinque settimane. Poi una volta utilizzate tutte le 14 settimane, dal 1° settembre al 31 ottobre possono chiedere, con una nuova procedura, ulteriori quattro settimane di trattamento. Per i settori del turismo, fiere, congressi, spettacolo le 4 settimane si possono utilizzare anche prima del 1° settembre. Contro i ritardi nell’erogazione della cassa integrazione, in particolare della cassa in deroga, per la nuova tornata di ammortizzatori l’Inps potrà anticipare il 40% dei trattamenti entro un mese dal ricevimento delle domande.

Sono le novità contenute nel Dl Rilancio che introduce un meccanismo di proroga “selettiva” della cig, dopo i rilievi della Ragioneria generale dello Stato sul rischio di una mancata copertura di una concessione generalizzata di altre nove settimane. Una parte dei 15 miliardi circa stanziati, servono infatti a coprire la prima tornata di cig, concessa con il Dl Cura Italia che aveva assegnato poco più di 5 miliardi, che sono risultati insufficienti a coprire il gran numero di richieste di ammortizzatori sociali, dopo il lockdown. Si valuta che serviranno almeno 3 miliardi per la copertura della prima tornata di ammortizzatori per l’emergenza Covid-19.

L’intero pacchetto lavoro del dl Rilancio vale circa 25 miliardi, e comprende altre misure, dagli indennizzi di 600 euro agli autonomi ai 16mila posti in più per i concorsi nella scuola.

Sul fronte cig è stata individuata anche, per le nuove domande, una procedura più celere. È stato necessario raggiungere prima un accordo politico tra il Governo e le Regioni che, di fatto, vengono bypassate dalla nuova procedura che individua nell’Inps l’unico interlocutore delle aziende. Inps diventa il soggetto responsabile per tutti gli ammortizzatori sociali per l’emergenza Covid, ferme restando le specificità delle province autonome di Trento e Bolzano e il completamento delle autorizzazioni delle prime 9 settimane, che resta in capo alle Regioni.

Nel Dl è stata fissata una tempistica per le procedure, con l’obiettivo di accelerare i tempi. In base alla nuova procedura, le aziende che devono ricorrere alla Cig in deroga oltre le prime 9 settimane e che si avvalgono del pagamento diretto da parte dell’Inps, trasmettono la domanda entro il quindicesimo giorno dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, insieme ai dati necessari per il calcolo e l’erogazione di una anticipazione della prestazione ai lavoratori. A quel punto l’Inps autorizza le domande e dispone l’anticipo di pagamento del trattamento (pari al 40% delle ore autorizzate nell’intero periodo) entro 15 giorni dal ricevimento delle domande. Infine, a seguito della successiva trasmissione completa dei dati da parte dei datori di lavoro con le ore di cig effettivamente utilizzate, l’Inps provvede al saldo del restante 60%, o al recupero di somme eventualmente non dovute. Questo meccanismo di anticipazione del 40% delle ore autorizzate da parte dell’Inps riguarda non solo la cassa in deroga, ma tutte le nuove domande di cassa integrazione. Il datore di lavoro entro 30 giorni dall’erogazione dell’anticipo deve inviare all’Istituto di previdenza tutti i dati necessari per il saldo dell’integrazione salariale.

Per le domande dei datori di lavoro che richiedono il pagamento diretto della presentazione per periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio tra il 23 febbraio e il 30 aprile, già autorizzate dalle amministrazioni competenti, è previsto che i datori di lavoro comunicano all’Inps i dati necessari per il pagamento delle prestazioni entro 15 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

A garanzia contro il rischio di uno sforamento dei conti, è previsto che l’Inps provveda all’erogazione delle prestazioni, «previa verifica del rispetto, anche in via prospettica, dei limiti di spesa». Spetta sempre all’Inps provvedere anche al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati ai ministeri del Lavoro e dell’Economia. Se dal monitoraggio dovesse emergere che «è stato raggiunto, anche in via prospettica il limite di spesa», l’Inps «non potrà in ogni caso emettere altri provvedimenti concessori».

La norma introduce inoltre il principio per cui Inps può riconoscere eventuali periodi di Cigd già autorizzati dalle Regioni ma non fruiti dal datore di lavoro, consentendo ai datori di lavoro di fruire di 18 settimane effettive di copertura.

9.    Indennizzo di mille euro per aprile e maggio

Colf e badanti.

Il primo supporto alle famiglie, nel pacchetto di norme inserito nel decreto Rilancio, arriva attraverso il sostegno a colf e badanti: i lavoratori domestici, infatti, con uno o più contratti di lavoro, alla data del 23 febbraio 2020, per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali, avranno per i mesi di aprile e maggio 2020, un’indennità mensile di 500 euro, per ciascun mese. A condizione che non siano conviventi con il datore di lavoro, né abbiano avuto accesso alle altre indennità introdotte dal Dl Cura Italia. L’indennità di 500 euro, in particolare, non è cumulabile con le altre agevolazioni riconosciute per Covid-19 e non spetta ai percettori del reddito di emergenza (Rem) o ai percettori del reddito di cittadinanza a determinate condizioni, ai titolari di pensione, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità e ai titolari di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato diverso dal lavoro domestico.

10.          Bonus da 400 a 800 euro per due mensilità

Reddito di emergenza.

Arriva il Reddito di emergenza (Rem), il nuovo strumento, previsto dal decreto Rilancio, per tutelare i nuclei familiari in condizioni di necessità economica in conseguenza dell’emergenza da Covid-19, non coperti dagli altri sussidi. Con circa 1 miliardo si punta a garantire un sostegno temporaneo, per due mesi, a circa un milione di famiglie.

Il Rem oscilla da 400 a 800 euro a seconda del nucleo familiare; le domande si presentano all’Inps entro il mese di giugno. Il beneficio è erogato in due quote, ciascuna pari all’ammontare riconosciuto.

Per ottenere il Rem bisogna possedere, cumulativamente quattro condizioni: residenza in Italia; reddito familiare ad aprile 2020 inferiore a una soglia di Rem spettante; patrimonio mobiliare familiare nel 2019 inferiore a 10mila euro, accresciuto di 5mila euro per ogni componente successivo al primo, fino a un massimo di 20mila euro; Isee inferiore a 15mila euro.

11.          Fino a 30 giorni retribuiti al 50%

Congedi e bonus baby sitter.

Sale a 30 giorni il periodo di congedo parentale (Covid-19) di cui possono fruire i genitori lavoratori dipendenti del settore privato per i figli di età non superiore ai 12 anni, per il quale è riconosciuta una indennità pari al 50% della retribuzione. I 30 giorni potranno essere fruiti dal 5 marzo fino al 31 luglio, e, in ogni caso, tali periodi, sono coperti da contribuzione figurativa.

In alternativa, sempre con l’obiettivo di sostenere le famiglie, si rafforza il bonus baby sitter che sale da 600 a 1.200 euro (in pratica, raddoppia, per chi non l’ha ancora richiesto e ottenuto).

La somma potrà essere utilizzata direttamente dal richiedente per l’iscrizione ai servizi integrativi per la prima istanza, inclusi i cosiddetti centri estivi (in questo caso il bonus baby sitter è incompatibile con il bonus asilo nido). Per il personale sanitario pubblico e privato accreditato, per il comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico il bonus sale da mille a 2mila euro.

12.          Ricapitalizzazioni, fisco, ristori: 15 miliardi in arrivo alle imprese

Gli interventi. Nel pacchetto per il sistema produttivo danneggiato dall’emergenza Covid-19 taglio dell’Irap, indennizzi a fondo perduto alle Pmi e sostegno pubblico per aumenti di capitale

Ristori diretti a fondo perduto, ricapitalizzazioni mirate per imprese con volumi di affari da 5 a 50 milioni con il meccanismo del cosiddetto “pari passu” e il nuovo «Patrimonio rilancio» di Cdp per le imprese oltre i 50 milioni di fatturato. Sono il cuore del pacchetto di misure del decreto Rilancio che destina circa 15 miliardi, dei 55 complessivamente stanziati, al sostegno finanziario del settore produttivo colpito dal Covid-19.

Agli interventi destinati a garantire maggiore liquidità alle imprese si aggiunge un taglio dell’Irap da 4 miliardi per 2 milioni di soggetti, una serie di crediti d’imposta per sostenere la riapertura delle attività, dalla sanificazione delle aree di lavoro all’ampliamento e adattamento dei locali per il distanziamento sociale, nonché la cancellazione di alcuni tasse locali, come la rata Imu di giugno per i proprietari che gestiscono alberghi e stabilimenti balnenari, lacuali o fluviali. Per il sostegno alle imprese arriva anche l’estensione del bonus affitti a tutti gli immobili ad uso non abitativo, un taglio di costi delle bollette e finanziamenti mirati per sostenere export e turismo. Ma vediamo in sintesi da dove si parte per la ricerca della liquidità.

Indennizzi a fondo perduto
Per le piccole imprese (inclusi lavoratori autonomi titolari di partita Iva o di reddito agrario), il decreto rilancio prevede un contributo a fondo perduto con una doppia condizione d’accesso e una tempistica precisa: per ottenere l’indennizzo, infatti, i soggetti interessati devono presentare un’istanza, esclusivamente via web, all’Agenzia delle entrate entro 60 giorni dall’avvio della procedura telematica per la trasmissione delle domande. Quanto ai due paletti per accedere al beneficio, il Dl fissa un giro d’affari annuo nel 2019 inferiore ai 5 milioni di euro e una perdita del fatturato o dei compensi, tra aprile 2020 e lo stesso mese del 2019, di almeno un terzo. Con un ammontare dell’indennizzo calcolato applicando una percentuale alla differenza di fatturato registrata: 20% per i soggetti che nel 2019 hanno registrato ricavi o compensi al di sotto dei 400mila euro; 15% sopra i 400mila euro e fino a un milione di euro; 10% oltre un milione e fino a 5 milioni (il contributo, nel caso di indennizzo più alto, può così arrivare a 41mila euro).

Pari passo
Il sostegno alle piccole medie e imprese che registrino ad aprile perdite di almeno il 33% è uno degli strumenti più inediti (e più discussi) fra quelli messi in campo dal decreto. Si basa in realtà su due mosse: la prima è un aiuto fiscale agli aumenti di capitale privati, con un credito d’imposta fino a 400mila euro e un possibile sconto ulteriore per chi ha perdite che superino il 10% del patrimonio netto. Il secondo, riservato a chi ha fra 10 e 50 milioni di fatturato e meno di 250 dipendenti, è l’aiuto pubblico, attraverso la sottoscrizione da parte del fondo Pmi di Invitalia di titoli di debito che possono arrivare al 12,5% dei ricavi 2019 (quindi fino a 6,25 milioni nel caso delle imprese con 50 milioni di fatturato) ma comporta una serie di condizionalità. Per chi mantiene i livelli occupazionali è previsto il riscatto senza interessi. Ma in nessun caso è contemplato l’aiuto a fondo perduto ipotizzato dagli annunci della vigilia.

Patrimonio Rilancio
Un maxi fondo da 50 miliardi targato Mef e gestito dalla Cassa. È questo lo strumento individuato dal decreto rilancio per affiancare temporaneamente le imprese con un fatturato annuo sopra i 50 milioni di euro danneggiate dall’emergenza coronavirus. Il meccanismo, denominato “patrimonio rilancio” e che sarà costituito con un’apposita deliberazione dell’assemblea della Cassa, potrà intervenire attraverso più modalità, a partire da aumenti di capitale, prestiti obbligazionari convertibili o acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Nell’ultima versione del decreto rilancio, sono stati poi inclusi anche interventi in operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante «temporanei squilibri patrimoniali o finanziari», siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività. Spetterà comunque a un decreto della presidenza del Consiglio, su proposta del ministero dell’Economia, sentito lo Sviluppo economico, fissare i requisiti d’accesso, le condizioni, i criteri e le modalità per la discesa in campo del patrimonio rilancio che sarà alimentato con titoli di Stato emessi da Mef, ma la Cassa potrà mettere in pista obbligazioni garantite dallo Stato per finanziarne le attività.

13.          Due assist per sanificare e adeguare gli edifici

I bonus per le riaperture.

Un doppio bonus, sotto forma di credito d’imposta, per la riapertura in sicurezza delle attività economiche. Il decreto rilancio interviene così a supportare gli interventi necessari per rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro il Covid-19.Un primo aiuto è previsto per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di protezioni che salvaguardino la salute dei lavoratori: si tratta di un credito d’imposta pari al 60% delle spese sostenute quest’anno, fino a un massimo di 60mila euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni per il 2020.

Il provvedimento prevede poi un credito d’imposta pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 (per un massimo di 80mila euro) a sostegno degli interventi di adeguamento degli ambienti di lavoro (dal rifacimento di spogliatoi e mense all’acquisto di arredi di sicurezza, fino all’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura).

14.          Bonus affitti di tre mesi cedibile al proprietario

Locazioni commerciali.

Il credito d’imposta del 60% sugli affitti di beni strumentali all’attività di impresa o professionale, inizialmente riconosciuto solo a botteghe e negozi con il Dl Cura Italia, diventa trimestrale e cedibile al proprietario del bene immobile destinato non ad uso abitativo. Non solo. Ne beneficeranno anche gli enti non commerciali. Il credito sarà riconosciuto, pur se ridotto al 30% dei canoni di locazione pagati nel periodo più duro del lockdown (marzo, aprile e maggio), anche per contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo.

Il bonus fiscale spetta a imprese, autonomi e professionisti a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente. Non concorre alla formazione del reddito e potrà essere utilizzato in compensazione o in dichiarazione dei redditi.

15.          Taglio da 600 milioni sulle bollette delle Pmi

L’intervento sui consumi energetici.

Per le piccole e medie imprese arriva un taglio sulle bollette elettriche di 600 milioni. L’intervento riguarderà la componente fissa della fattura energetica per i clienti non domestici alimentati a bassa tensione. Spetterà all’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) fissare, con propri provvedimenti, la riduzione della spesa per i mesi di maggio, giugno e luglio. Per i soli utenti con potenza disponibile superiore a 3,3 kilowatt, le componenti fisse saranno rideterminate in modo da ridurre la spesa applicando una potenza “virtuale” fissata convenzionalmente a 3 kilowatt.

Sempre restando ai consumi energetici, il decreto rilancio ha poi fissato una nuova proroga (dopo quella disposta dal “cura Italia”) per i soggetti vincolati all’assolvimento degli obblighi per l’efficientamento energetico (certificati bianchi): la norma ha previsto un rinvio della deadline al 30 novembre.